FARE SISTEMA PAESE SE IMPRESE E BANCHE SI INCONTRANO
Ci può essere un’idea adeguata di cosa voglia dire fare Sistema Paese, quando Credito-Finanza e Impresa s’incontrano sul territorio. La condivisione di quanto viene acquisito nella relazione con la sua clientela dall’istituto di credito è l’obiettivo da raggiungere.
Cosa sta succedendo in Italia? Quali sono le tendenze in atto, come si possono raccontare in modo che altri sappiano e parimenti possano orientarsi nell’azione più opportuna?
In un recente incontro un centinaio di imprese di ogni regione hanno presentato il loro percorso e alcuni relatori dei settori più disparati hanno cucito quel filo di Arianna che collega i vari aspetti di un’Italia che vuole crescere perché il suo impegno continua a muoverla, a dispetto della sfiducia sparsa con abbondanza da coloro che poco accettano e imparano dai loro errori, previsivi e non.
Un dato emerge con forza dal basso. Il Paese si muove, ancora piano, ma la ripartenza in questi tre anni di crescita c’è stata.
I distretti industriali sono cresciuti del 3,5%, anche durante la crisi, mostrando come un ecosistema fatto di imprese sane, credito disponibile e innovazione sia un motore per creare dinamiche di crescita virtuosa.
Al recente Made Expo ove eravamo presenti, abbiano costatato come curiosità e meraviglia, open mind ed entusiasmo dei giovani imprenditori siano fattori per sviluppare la comunicazione che ogni impresa deve curare per crescere ed essere percepita positivamente a partire dai suoi stakeholder.
Se a un open mind dobbiamo una sfida, ebbene questa l’Italia la sta perseguendo candidando Milano a diventare capitale finanziaria europea del post Brexit.
La task force pensata dal Governo sembra la risposta a echeggiare un tam tam sentito nei migliori pub finanziari around the world.
La verità quindi è che nel confronto globale dove eccelle la finanza o si ha la propria infrastruttura finanziaria adeguata al ruolo regionale o si è periferia del mondo.
In questa periferia oltre il limite soglia qualsiasi percentuale di differenza dimensionale con altri Paesi conta poco, perché si è o di qua, come leader regionali e quindi europei, o di là… nell’area di sopravvivenza.
Giustamente in tutta questa partita (crescere all’interno e sostenere la sfida per il proprio ruolo nella finanza all’esterno) un ruolo chiave tocca all’innovazione che rappresenta la leva per competere in mercati complessi e globalizzati ed è alla base per favorire l’evoluzione della società.
E la ricerca e l’identificazione di opportunità di sviluppo biunivoco della banca e della sua clientela favoriscono il territorio e aumentano la capacità di relazione e d’interazione al punto di far nascere iniziative che diventino anche condivisione di sviluppo in un senso più prosaicamente produttivo. Sei i punti cardine: esplorare, sperimentare, capire, comunicare, cercare, valorizzare.
Esiste una realtà terza che, aggregata a quella dell’impresa tradizionale, creando sviluppo sul territorio si realizzi al contempo valore aggiunto per tutti coloro che quel territorio condividono?
E al contempo è possibile che questo valore aggiunto travalichi o meglio tracimi oltre, dando un’ulteriore dimensione? Come quella che ci dice che nel Paese ci sono realtà che sanno crescere ancora e meglio rispetto allo stadio iniziale spontaneo se comprese e sostenute?
Ebbene sì, questo testimonial è il Terzo settore.
L’impresa sociale fattura 46 miliardi di euro, ha un milione di occupati, 5 milioni di volontari e serve 37 milioni di cittadini: il quasi 50% della popolazione nazionale.
E offre in modo specifico esperienze di come produrre valore sociale nell’intero contesto produttivo.
AR