Dopo la riforma Fornero arriva la mazzata sulle pensioni.
Le novità per il 2016: ecco chi perde, ma nessuno vince
Il 2016 porterà per i lavoratori che andranno in pensione novità importanti che incideranno sull’assegno e i tempi di uscita dal lavoro previsti dall’applicazione della riforma Fornero.
Aumenterà l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia e gli anni di contribuzione necessari per quella anticipata di quattro mesi.
Peggio andrà per le donne che lavorano nel privato, che vedranno slittare la scadenza di un anno e mezzo.
Cambieranno i coefficenti di trasformazione con relative penalizzazioni sugli assegni. L’ultima manovra finanziaria ha poi introdotto altre modifiche, come la possibilità di lavorare part-time dai 63 anni prima di andare in pensione, fino all’applicazione della no tax area per chi intasca fino a 8mila euro all’anno.
E poi sarà applicata la settima salvaguardia per 26.300 esodati. Solo 26.300?
I tempi
Entro il 2018, la riforma Fornero prevede di adeguare l’età per la pensione per tutti a 66 anni. Oggi questa soglia minima vale già per gli uomini e per le donne che lavorano nella pubblica amministrazione.
Nel 2016 le lavoratrici del privato e quelle autonome continueranno a recuperare il gap, anche perché da circa cinque anni l’età pensionabile è stata agganciata al dato dell’aspettativa di vita.
Dopo il primo adeguamento del 1 gennaio 2013 di tre mesi, dall’inizio del prossimo anno sarà di quattro mesi. Sulla base di queste condizioni, le lavoratrici dipendenti del settore privato che vorranno andare in pensione dovranno avere almeno 65 anni e sette mesi, quelle autonome 66 anni e un mese.
Non va meglio a tutti gli altri, uomini e lavoratrici nel pubblico, che potranno andare in pensione solo a 66 anni e sette mesi.
Di pari passo cresceranno anche i requisiti minimi per i contributi richiesti: volendo andare in pensione anticipata, serviranno 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne.
Gli assegni
Il sistema dei coefficenti di trasformazione porta vantaggi e meno penalizzazioni man mano che si va avanti nell’età.
Dal 2012 sono modificati ogni tre anni, dal 2019 lo saranno ogni due condizionati da una serie di variabili demografiche come aspettativa di vita e indici di mortalità, oltre che economiche, come l’andamento del Pil nel lungo periodo.
Dal 1 gennaio 2016, per effetto dei coefficenti di trasformazione, saranno ridotti gli importi delle quote contributive calcolate da gennaio a parità di contributi accumulati ed età anagrafica al pensionamento.