DEF ALERT DALLA COMMISSIONE UE. GIOCO D’AZZARDO
L’UE BOCCIA IL DEF
Resta un sola carta dopo che ieri la Commissione ha espresso “seria preoccupazione” per il Def. Un alert politico che è una bocciatura. Per Roma comincia un nuovo 2011. Ma anche l’Ue è al capolinea
Poniamo al lettore alcune domande che prefigurano una sola risposta finale.
Partiamo dallo spread. Tornerà verosimilmente ad aumentare. Per M5s la soglia di non ritorno è 400 punti base. “Se non tocchiamo quella quota, non faremo altre concessioni” ha detto Di Maio settimana scorsa. Ha senso?
Vuol dire che non sa di cosa parla.
Perché lo spread col Bund è un termometro della tensione, ma in realtà senza valore economico.
Oggi comprereste Btp?
No. Perché nessuno riesce a capire il piano del governo e soprattutto nessuno si fida più del supporto europeo. Non c’è più un esplicito commitment ad evitare un disastro italiano. Non si sa più qual è la rete di protezione, se necessaria.
Veniamo alla Commissione. Ieri Moscovici e Dombrovskis hanno bocciato la nota di aggiornamento al Def.
Vedono che la loro Unione si sta disgregando, con la crescita dei cosiddetti populismi e delle derive centrifughe, e scelgono di minacciare. Lo faranno ancora. Pur avendo qui delle ragioni, non dovrebbero attaccare apertamente governi legittimi come quello dell’Italia e di alcuni altri paesi.
Banca centrale europea, con Draghi che a fine mandato (settembre 2019) e il Quantitative easing che scade a fine anno. Però l’uscita dal programma è già cominciata.
Avrà un impatto importante e indebolirà il già fragile potere negoziale dell’Italia. È davvero difficile comprendere su che base il governo possa alzare la voce.
Che succede? Risparmiatori, fondi pensione e assicuratori tedeschi sono disperati a causa del Bund che rende lo 0,5% a 10 anni. Vorrebbero il 2,5% per rimettere in sesto i rendimenti del sistema pensionistico, previdenziale privato e assicurativo. In Italia e Spagna, tassi più alti danneggerebbero molto il settore immobiliare che ha grande impatto in termini di wealth effect. È chiarissimo chi ci perde.
Il debito italiano è sostenibile o no? Non si può dire con certezza senza assunzioni forti. E’ sostenibile, sia con il deficit/Pil 2019 all’1,9% sia con il 2,4%, a condizione che l’inflazione aumenti, che i tassi di interesse rimangano dove sono e che la crescita sia leggermente più forte. Ma c’è un fenomeno che riguarda tutti i debiti europei, non solo quello italiano, ed è il loro destino, quello di diventare “perpetui”
Ormai i debiti pubblici europei sono sempre più strutturali: i governi di coalizione che dominano molti paesi-chiave sono ormai schiavi del deficit come strumento di consenso. L’austerità ha costretto alcuni paesi tra cui l’Italia a tagliare spesa pubblica produttiva e aumentare spesa “elettorale”. Questa spesa è la peggiore, non perché produce poco Pil, ma perché se la tagli perdi voti! Quindi meglio costruire meno infrastrutture ma aumentare sussidi e pensioni.
Specifichiamo: il debito italiano è finanziariamente sostenibile, ma è diventato insostenibile politicamente. Molti economisti, anche quelli competenti che scrivono sul Corriere della Sera, hanno sottovalutato il costo politico dell’austerità negli ultimi vent’anni. Per questo costo non finanziario credo che il percorso italiano sia poco sostenibile senza aggiustamenti di politica a Bruxelles e a Berlino. A Francoforte si è fatto già abbastanza. Sono pessimista.
L’austerity non è un tema economico, ma un tema politico. A questi livelli estremi un debito pubblico ai livelli italiani non può essere analizzato in termini esclusivamente finanziari, senza prendere in considerazione la variabile più importante. E questa non è economica, ma politica. Le democrazie occidentali non erano state concepite per distruggere il welfare state in un contesto di crescita stagnante. Giusto?
Che biglietto da visita è una legge di bilancio in cui 10 miliardi sono destinati al reddito di cittadinanza? Pessimo. Con la pressione politica che subisce chi vìola lo schema determinato dal blocco Germania-Olanda-Francia e dai due grandi partiti europei al potere, Pse e Ppe, vuol dire la certezza di venire isolati e letteralmente ricattati. È la regola del club. E infatti è quello che sta avvenendo.
Altro che spread e rapporto deficit/Pil. E’ solo una questione di potere. E’ così. A nessuno interessa davvero il reddito di cittadinanza e neppure la ratio 1,9 o 2,4%. Interessa il principio di disobbedienza all’autorità.
Autorità non eletta dice Salvini.
Non eletta e quindi più credibile e più pura dei governi sovranisti-populisti.
La strada imboccata dal governo è una scommessa al buio, anzi peggio. La crescita Ue è tornata ad essere deludente, il Qe è alla fine, la Commissione intende rovinare il fantasioso progetto italiano per mostrare cosa succede a un paese che esce dal percorso predefinito da Bruxelles e Berlino (senza dimenticare il trio del Benelux che non tollera l’Italia). Il governo italiano sembra voler giocare col fuoco.
I populisti rovesceranno il potere precostituito in Europa? Non è sicuro. Perché l’Europa occidentale — in particolare quelli che effettivamente vanno a votare, sono fortemente rappresentati e hanno forte potere di lobby — è ancora troppo ricca per fare “la rivoluzione”. E perché il vecchio blocco dell’Est sta crescendo così bene che non vuole distruggere l’inizio di un possibile periodo di benessere.