COME GESTIRE I CARICO DI LAVORO NELL’AZIENDA
Entrando nelle logiche organizzative e produttive di studi e aziende, una delle dinamiche che più affascinano, per portata e frequenza, è la legge di Parkinson. Pubblicata sul “The Economist” nel 1955, prende il nome dal suo padre intellettuale ed esprime che il lavoro si espande in funzione del tempo disponibile. In altre parole, c’è una naturale tendenza umana a utilizzare tutto il tempo a disposizione per svolgere le proprie mansioni. Immaginate di avere un’ora di tempo per rispondere a 3 e-mail. Probabilmente, l’ora verrebbe completamente esaurita nel pensare alla risposta perfetta, rileggendo, cancellando. Pensiamo ora di raddoppiare il carico di lavoro: 6 e-mail, ma senza aumentare le risorse temporali allocate. È fattibile? Probabilmente si, se le e-mail fossero 20, tuttavia, la maggior parte di noi troverebbe la mansione impossibile da gestire per risorse insufficienti (poco tempo).
Interessante, ma che implicazioni ha sul buon funzionamento di un’entità produttiva?
È molto semplice: la legge di Parkinson si traduce nell’ambito dei carichi di lavoro ed è spesso sul podio tra le principali cause di inefficienza. Carichi di lavoro ridotti rispetto alla reale capacità produttiva delle risorse, infatti, determinano la dilatazione dei tempi di lavoro e di conseguenza dei costi. A parità di ricavi, costi dilatati si traducono in un’erosione del margine economico e in un reale problema competitivo, nel momento in cui le forze di mercato determinassero una riduzione delle tariffe. Questo è il caso, per esempio, di numerose attività, che negli ultimi anni hanno subito la riduzione dei prezzi determinata dal mercato.
Un’ulteriore sfaccettatura della legge di Parkinson è che, se non reimpiegate produttivamente, le ore in eccesso tendono a trasformarsi in inefficienza. Lo studio citato invita a valutare con attenzione specialmente i cambiamenti che hanno le potenzialità di ridurre significativamente i tempi di lavoro. Per esempio, pensiamo a una miglioria tecnologica, a un percorso di formazione o alla fatturazione elettronica una volta a regime. Se non si agisce nel reimpiegare le ore recuperabili, la tendenza sarà di realizzare recuperi di efficienza solo modesti, perché il lavoro si diluirà “naturalmente” sulle ore disponibili.
La soluzione è quindi quella di trovare lavoro incrementale, ma quante sono le ore disponibili e quindi reimpiegabili? Se arrivassero 3 nuovi clienti domani, chi li gestirebbe?
Ecco un’altra sfumatura: la percezione delle persone sarà sempre quella di essere “saturi” e che il tempo a disposizione sia pari a quello necessario per portare a termine il lavoro. Diversi fattori psicologici e tecnici entrano in gioco in questa dinamica: interpretazione del concetto di servizio, abitudini, procedure, caratteristiche personali… Insomma, si atterra sul precario terreno delle interpretazioni e delle giustificazioni, che rende difficile l’efficace e tempestiva risoluzione del problema.
Per andare oltre, soprattutto sull’attività tradizionale, è necessario pianificare i carichi di lavoro nella consapevolezza dei dati espressi dal mercato: i benchmark; per comprendere ed eliminare le cause delle dispersioni e della bassa competitività. Per quanto complessi da realizzare in autonomia, interventi in quest’ambito sono in grado di cambiare drasticamente le performance produttive di qualunque struttura, rendendola più competitiva e garantendo la sostenibilità dei risultati nel tempo.