DIRITTO DI CITTADINANZA
L DIRITTO DI CITTADINANZA DELLE IMPRESE
Cosa sta succedendo alle piccole imprese?
Dopo essere state per anni osannate, portate a simbolo di una flessibilità garante di
competitività e di continuità dell’impresa, sempre più e da più parti emerge negli ultimi
tempi l’idea che la piccola dimensione , da scuso contro i mali sia diventata essa stessa un
“male” da combattere.
Strano, molto strano.
Anche perché nulla è sostanzialmente cambiato nella struttura dell’economia dai tempi
del “piccolo è bello”.
La realtà è che piccole imprese rappresentano molto più di un fenomeno
economico: sono una realtà sociale ed politica.
Guardiamo ai numeri.
Di media si ha un’impresa ogni dieci abitanti.
Ciò evidenzia un aspetto che dovremmo tenere tutti in grande evidenza: la piccola imprenditoria è un formidabile bacino di occupazione, e l’esistenza di un’iniziativa imprenditoriale dinamica e diffusa rappresenta un grande ammortizzatore sociale nelle fasi congiunturali in cui diminuisce l’occupazione. Le piccole imprese non sono organizzazioni astratte: sono persone che lavorano, e nel lavoro mettono ogni giorno in gioco tutte le loro risorse non solo economiche, ma anche
professionali ed umane. Queste considerazioni sostengono un’idea importante e dirompente, se compresa fino in fondo e portata a conseguenze effettive portano dritto al diritto di cittadinanza delle imprese.
La sensazione è che le Istituzioni tendano a considerare le imprese, quindi anche il mondo libero professionale e le associazioni che le rappresentano come “soggetti esterni” rispetto alla società civile, portatori di interessi contrapposti da soddisfare o “imbrigliare” a seconda dei casi. Il risultato di sintesi di quell’impegno totale e totalizzante, quello che sta sotto la riga, da un punto di vista ragionieristico si chiama utile; ma non è utile.
Guardando oltre le cifre si chiama in altro modo: è sacrificio quotidiano, pelle, sangue, si chiama rinuncia alle mille cose che conosce bene chi affronta la libera professione o la libera impresa. Tutto questo merita grande rispetto e grande attenzione da parte della pubblica Amministrazione e da parte delle altre componenti sociali.
Non abbiamo paura di chiamarlo “essere al servizio della collettività” pur stando nel privato più di altri che per essere nella P.A. sventolano ogni piè sospinto la bandiera di essere servitori dello Stato.
Siamo al servizio, ma non servi.
Occorre cambiare prospettiva.
È necessario ritenere l’imprenditore parte della società civile e i suoi interessi come elemento da prendere fin dall’inizio in considerazione per formulare politiche e strategie. Non esiste contrapposizione tra sistema delle imprese e crescita del territorio, ma continuità e interazione reciproca.